lunedì 23 giugno 2008
Ricordando il papà di Cocco Bill
mercoledì 18 giugno 2008
Là dove c'era l'erba ora c'è una città...
Il bambino che sono (siamo) stato... (2/2)
Il bambino che sono (siamo) stato... (1/2)
“Il bambino programmato” è un articolo pubblicato il 7 aprile 1970 sulla “Domenica del Corriere”. Essendo nato nel 1967 ho letto questo pezzo con un interesse particolare, cercando di trovare in ogni rigo un accenno, seppur indiretto, ai miei genitori, al mio passato, all’educazione che ho ricevuto. Il risultato è stato, lo dico senza alcuna enfasi, sconvolgente per quanto mi sono ritrovato e per quanto certe tappe della biologia, a sentire i “futurologi”, porteranno (siamo nel 1970) a “programmare le doti delle generazioni future”… discorsi farneticanti che a volte ritornano. Assurdità a parte, ciò che colpisce in questo articolo (pubblicato in 2 post) è la sintetica, ma decisamente efficace capacità d’analisi di un modo di concepire e vivere la famiglia, “reazionaria” prima, “democratica” poi. Definizioni a parte, che risentono del clima post ’68, l’autore dello scritto propone delle spiegazioni alla solitudine e alla insicurezza che già allora si stava insinuando nelle nuove generazioni, nate nella cosiddetta società dei consumi. Come già scritto in altri post, la lettura del nostro passato è fondamentale per comprendere il nostro presente e sentire, quasi toccare con mano, quel ponte che unisce (o, paradossalmente, divide) epoche e generazioni.
Lo sfogo della senatrice Merlin
Tratto sempre da “L’Europeo” n.4, ottobre 2002, “Cinquant’anni di eros e tabù”, che riporta un pezzo pubblicato su “L’Europeo”, n.30 del 1963. E’ la replica della senatrice socialista alle accuse rivolte alla sua legge. Ciclicamente si parla di riapertura delle “case chiuse”. E’ un tema così complesso (implicazioni morali, logistiche, ecc.) che pensare di togliere le prostitute dalle strade per trasferirle in case più o meno aperte deve essere attentamente soppesato in ogni suo aspetto (etico e pratico), confrontandosi con la legge Merlin e la situazione precedente alla stessa, così da evitare leggi frettolose o talmente imperfette da risultare infruttuose, se non inattuabili.
Chiusura delle "case chiuse": la legge e le sue conseguenze

Mi sono già occupato, seppur brevemente, di questo spinoso e sempre attuale problema: nei post del 25 e del 26 aprile 2008. Ora propongo questo articolo tratto da "L'Europeo", n.38 del 1958 (pubblicato su “L’Europeo" n.4, ottobre 2002, “Cinquant’anni di eros e tabù”), anno di chiusura delle cosiddette “case chiuse”. Gettare fango, a priori, sulla legge Merlin e sulla stessa senatrice Merlin è sinonimo di superficialità, e in questo senso il pezzo è di indubbio interesse. Merita davvero di essere letto con attenzione, tenendo sempre un occhio al passato e uno al presente che, in tema di prostituzione, è davvero un presente triste e squallido. “Fino a che punto siamo preparati per fronteggiarne le conseguenze?” (della chiusura) si chiedeva, giustamente, il giornalista. Oggi invece dovremmo chiederci: fino a che punto siamo preparati per fronteggiare il caos esistente? E in quale modo contenerlo? Sì, contenerlo, perché un simile problema è cronico nella storia dell’umanità e quindi pensare di risolverlo è pura demagogia.
martedì 10 giugno 2008
Vittime, questi sconosciuti...
lunedì 9 giugno 2008
Il poliziottesco - filone riscoperto
Il ricordo personale degli anni '70, via via che il tempo passa, è sempre più nitido, malgrado le naturali deformazioni che produce il ricordo stesso e, soprattutto, malgrado i limiti anagrafici della mia persona, essendo nato nel 1967. Ricordi che affiorano, come i controlli della polizia, specialmente nei confronti dei giovani (ricordo perfettamente una camionetta della Celere fognare dei giovani, gambe larghe e mani al muro, in corso Francia, non lontano da Piazza Rivoli), come i colori (i vestiti, le tappezzerie, le pubblicità, i divani, i piatti, ecc.), le forme degli oggetti, la mania per la plastica, i tram (verdi, un verde orribile!) e le auto della polizia, magnifici modellini per un bambino di 5-10 anni. E, perchè no, le minigonne, così come i cartelloni pubblicitari (la Peroni...). Non voglio scadere nella stupidaggine dei "bei tempi!" semplicemente perchè essi rappresentano il mio/nostro passato che, nel caso sia stato lieto, genera quel sentimento chiamato nostalgia. Cerco soltanto di ricordare, nel modo più onesto possibile, intellettualmente parlando. I miei '70 sono stati anni felici, ma rileggendo i quaderni delle elementari e facendo un serio esercizio di memoria sento che la realtà di quegli anni mi ha comunque lasciato qualcosa dentro, qualcosa di indefinito, qualcosa che perdura, come l'amaro in bocca. Un senso di grigiore per certe immagini che ancor oggi vedo con gli occhi della mente: gli anni di piombo, il giovane o la giovane arrestati perchè appartenevano alle BR (potevano essere anche di Prima Linea, ma col termine BR si classificava il terrorismo rosso in genere) eppure quei giovani "sembravano così tanto per bene, mai si sarebbe detto..."; le facce dei nostri politici in bianco e nero, come il televisore ce le proiettava o, tutt'al più, colorate da quelle orribili lastre in plastica colorata (sfumata) che si piazzavano davanti allo schermo del televisore stesso per dare l'idea del colore... ma chi le ha inventate??? Il sequestro Moro, la strage di via Fani, che per me suonava come una parola solo per adulti... via Fani... terribile, malgrado non comprendessi la reale portata della tragedia collettiva. Ricordo i posti di blocco, i controlli dei documenti, ricordo la Renault rossa, che allora era bianca e nera, almeno a casa mia.... ancora oggi la Renault rossa mi trasmette un senso di morte e di cristiana pietà al contempo. I murales di protesta, giovani in protesta, lavoratori in protesta... graffiti industriali, archeologia metropolitana... dietro ad una selva di rampicanti, in via Caluso a Rivoli (pochi Km da Torino) forse oggi sono in pochi a ricordare che quel lungo muro della tangenziale custodisce quei graffiti e chissà che qualcuno, in futuro, li preservi come simboli, tracce di un'epoca della nostra storia ormai finita sui testi scolastici.martedì 3 giugno 2008
Aldo Moro e il '68
Finalmente uno scritto di Aldo Moro (tratto da "68 - vent'anni dopo, una storia aperta", "L'Espresso" del 25/01/88) e non soltanto sul "caso Moro"! Bisogna assolutamente riportare alla LUCE l'uomo e il politico, scandalosamente dimenticato in questo sessantesimo della Repubblica. "Quando si stancheranno di uccidere Aldo Moro?", domanda a noi tutti, in special modo alle istituzioni, la figlia Maria Fida.


