Questa inchiesta nasce nel marzo del 2004, ascoltando la testimonianza del giornalista Gianni Gennari al programma "Enigma", dedicato al "caso Moro". In studio Gennari parla del suo incontro con Spachtholz (fare sempre riferimento ai miei 4 articoli, pubblicati in questo blog), dei possibili messaggi presenti nelle lettere del Presidente Moro, della repentina chiusura della rivista "Giochi Magazine". Visto il mio interesse per il "caso Moro", nato intorno alla fine degli anni '80, mi sono stupito di non aver mai letto nulla circa questo misterioso personaggio, Victor Aurel Spachtholz.
Nell'estate del 2005 il mio futuro direttore, Fabio Andriola, mi scrive, proponendomi di collaborare con la sua rivista, "Storia in Rete", di prossima pubblicazione. Gli sottopongo questa inchiesta e così ricevo l'incarico di occuparmene. Nell'autunno dello stesso anno inizio le ricerche e, tra non poche difficoltà e qualche silenzio, realizzo questi 4 articoli... e le domande, nonché i dubbi, aumentano. Aumentano perchè, allo stato auttuale delle ricerche, ho una sola certezza: Victor Aurel Spachtholz, così come l'ha conosciuto chi me l'ha descritto - descrivendomelo in assoluta buona fede - non è mai esistito. Per meglio dire: è anche esistito, ma non solo. Affermare che lo Spachtholz ufficiale fosse una maschera, una sorta di copertura, vorrebbe dire affermare un mero sentore. Non mi sento quindi di affermarlo con certezza. Tuttavia, quest'uomo nascondeva e nasconde qualcosa, una trasversalità ad oggi difficile da collocare.
Essendo un estimatore del programma “Chi l’ha visto?”, ed apprezzando il taglio giornalistico impresso alla trasmissione dalla conduttrice Federica Sciarelli, nel giugno '07 ho ipotizzato che una simile storia fosse adatta a quel lavoro di approfondimento che "Chi l'ha visto?" conduce ormai da anni, percorrendo - con coraggio - i misteriosi meandri della nostra sofferta storia nazionale. Ho quindi ipotizzato che delineare con sufficiente chiarezza la complessa figura di Spachtholz, attraverso un lavoro di collaborazione, avrebbe potuto condurre ad interessanti conclusioni. Questo, in sintesi, è ciò che ho scritto alla redazione del programma, esattamente il 19/06/07. A dieci mesi di distanza non ho ancora ricevuto risposta. La ragione di questo silenzio? Non ne ho la minima idea e non voglio lanciarmi in ipotesi scontate, proferite unicamente per innescare puerili polemiche. Non voglio perchè ho il massimo rispetto per la trasmissione, davvero utile alla collettività. Posso solo esprimere stupore ed un pizzico di delusione. Tutto qui. Naturalmente il mio lavoro di ricerca prosegue e, se ci saranno sviluppi, "Storia in Rete" sarà ben lieta di aggiornare i suoi lettori.
Invito anche i visitatori di questo blog ad esprimere le proprie osservazioni su questo ulteriore aspetto del "caso Moro".
Aldo Moro era un uomo di straordinaria intelligenza che sperava, fortemente sperava, di essere liberato prima dello scadere dell'ora fatale. Le uniche armi a sua disposizione erano la sua mente, una penna ed un blocco. Le usò fino all'ultimo colpo. Poi cadde. Ma come non pensare, se lo chiese Sciascia per primo ("L'affaire Moro"), che un uomo così fine - intellettualmente fine - non cercasse di veicolare all'esterno dei messaggi, delle indicazioni, non soltanto politiche? Io lo credo, Sciascia lo credeva, e lo credevano anche amici intimi di Aldo Moro, come descrivo nei miei pezzi (che riprendono il lavoro che Gianni Gennari fece a suo tempo sul quotidiano "Paese Sera" e su "Giochi Magazine", supportato anche dall'autorevole voce di Ennio Peres).
Ogni commento, approfondimento, critica è quindi bene accetto, perchè questa tragica storia si commemora con la ricerca della verità che, come titola il recente libro della casa editrice Kaos, è stata sequestrata ("Il sequestro di verità"). Le commemorazioni ufficiali sono quanto di più anestetico ci possa essere nei confronti di tragedie collettive non ancora chiarite. Non sto certo dicendo che non si deve commemorare, anzi! Dico soltanto che dietro la banda, il discorso, la medaglia, il busto, deve esserci anche, e soprattutto, la verità che soddisfa, la verità che è alla base di tutto, busti e discorsi compresi, altrimenti li vedremo traballare, essendo poggiati sulla sabbia...
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