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mercoledì 14 maggio 2008

1969 (e oggi): gli italiani di fronte a Dio


Questo articolo firmato da Indro Montanelli per la "Domenica del Corriere" del 10 giugno 1969 porta, ahimè, molto bene i suoi 40 anni. E' un articolo forte, che sento - per certi aspetti della Chiesa d'oggi, che frequento - attuale, seppur oggi non si possa certamente parlare di una Chiesa autoritaria che governa le coscienze italiane nonché di una "disabitudine" del cattolico italiano di fronte a quello che Montanelli chiama "il problema di Dio", problema nel senso di tema basilare, fondamentale per la vita di un essere umano che sente la presenza del Creatore attorno a sé. Oggi all'interno della Chiesa si discute, ci si confronta su tutto, senza mezzi termini, senza falsi ed ipocriti pudori. La Chiesa alla quale mi riferisco è quella che amo definire "di base", quella di certe parrocchie, di certi conventi, di certi centri di spiritualità, dove si lavora per l'uomo e la donna in un clima di carità, di amore. Tuttavia - qui il pezzo di Montanelli entra in gioco - il problema del "fedele" che frequenta la Chiesa quasi fosse un automatismo è ancor oggi attuale, così come è presente quello spirito di contestazione spesso acritico, non ragionato, strumentale, per fini politici, che svuota le menti dalle idee per riempirle di demagogia, populismo e quant'altro. La colonna conclusiva dello scritto di Montanelli esprime una denuncia che un cattolico pensante non può non riconoscere nella sua autentica gravità. Grave perchè vera. Sto parlando della devozione formale, il cancro della fede, specie se questo formalismo viene autorizzato, formalizzato dall'Alto, invece d'esser combattuto con un'opera di educazione - lunga quanto una, due generazioni - a quell'intima partecipazione che già c'è nella Chiesa "di base", ma che si scontra troppo spesso con la devozione formale che generalmente ha un peso mediatico che mai la Chiesa "di base" riuscirebbe a conquistare in una società dell'immagine come quella odierna. Un esempio? Esistono realtà di dialogo, confronto ed incontro, preghiera, deserto, semplice relax (se vuoi preghi, se non vuoi non preghi, ma stai realmente con te stesso) sparse in lungo ed in largo per l'Italia. Un luogo fra i tanti, che il sottoscritto frequenta: Il Cenacolo, gestito dalla Suore del Cenacolo, ai piedi della collina torinese, nell'affascinante piazza Gozzano. Un luogo per i "tempi forti dello Spirito", percorsi collettivi e individuali, approfondimenti (di alto profilo, sguardo al cielo e piedi ben saldi a terra) della parola di Dio così come dei temi che costituiscono la vita di ogni giorno e che il cristiano sente di voler e dover vivere in un certo modo. Quanti luoghi simili sono sparsi lungo tutto il territorio nazionale? Quanto spazio hanno nel mondo che esiste, quello visibile dei media? Quanto sappiamo delle conferenze proposte, ad esempio, dagli Istituti di filosofia domenicani su argomenti di alto profilo come "L'anima e le neuroscienze", "L'anima e lo Psicoterapeuta"? E ancora: gli incontri ecumenici (molti cristiani non sanno neppure cos'è l'ecumenismo), gestiti dalla Chiesa "di base", in questo caso dalle Chiese "di base", cattoliche, protestanti e ortodosse. A parte l'ecumenismo dei piani alti, come vive il cattolico l'incontro con i fratelli protestanti? Com'è sponsorizzato l'ecumenismo nelle parrocchie? In questo caso, anche "la base" cattolica pecca, stenta a decollare... siamo ancora troppo chiusi nel nostro recinto cattolico e non di rado da qualche sacerdote (e da qualche pastore) si levano commenti non certo ecumenici! E la ragione sta proprio nell'atavico formalismo, prodotto della "disabitudine" ad una fede matura, ben poco partecipata. Ma ciò che maggiormente mi ha colpito leggendo il pezzo di Montanelli è quel richiamo alla devozione formale, quasi fosse un suono fastidioso e persistente che non vuole proprio andarsene. Una devozione ottusa che tende a vanificare quelle belle, grandi, utili iniziative di cui sopra. Devozione che, personalmente, trovo irritante. Devozione che puzza di idolatria ed ignoranza. Devozione che tutte le televisioni del mondo hanno ripreso in quel calderone di fede e idolatria che è la "venerazione delle spoglie di san Pio da Pietrelcina". Sia ben inteso: non discuto l'uomo e il santo, tutt'altro: lui, Padre Pio, non è in discussione! Dico che l'epoca delle salme esposte in vetrina dovrebbe finalmente terminare! Ma chi ha bisogno di vedere il corpo di don Bosco (con atti di idolatria non rari che il sottoscritto ha visto, abitando a Torino), o sapere che un pezzetto di cervello del grande santo piemontese risiede nel santuario di colle don Bosco (un pezzetto di cervello... incredibile!)? Chi ha bisogno di queste cose?
Leggo nel sito della "rivista dei frati minori cappuccini di san Giovanni Rotondo" (http://www.vocedipadrepio.com/):
"... L’amore verso il nostro santo Confratello non poteva tenerci ancora inerti di fronte alla necessità di verificare le condizioni del sepolcro e lo stato del corpo e di procedere a un idoneo trattamento, come avviene per tutti gli altri beati e santi. I fatti e il parere dei periti, poi, ci hanno dato ragione. La fedeltà alla tradizione della Chiesa non ci consentiva di continuare a lasciare un Santo sepolto sotto terra..."
Trovo queste affermazioni sconcertanti. Esiste una "tradizione" in questo senso? Ebbene, questa tradizione, oggi, è da superare, da archiviare senza vergogna, ma con la forza di chi sa andare avanti, sfoltendo e scremando la fede da ciò che non serve, che è inutile, come esporre un cadavere, anche illustre, anche santo, ma sempre cadavere, cosa morta e sepolta. Ma dico, e lo dico col massimo rispetto: a chi importa dello stato del cadavere di questo o quel santo? Ciò che conta, ed è solo questo che conta, è la sua opera, il suo insegnamento, ciò che ha lasciato in termini di umanità e fede. Esistono due santi, due grandi santi laici (non solo gli unici, ma per brevità citerò solo questi): i giudici Falcone e Borsellino. Loro non hanno bisogno dell'esposizione delle povere salme straziate. Loro hanno lasciato un'impronta nella società civile che li eleva, automaticamente, agli altari della santità, anche se non facevano parte della Chiesa. Loro hanno dato la vita per il Prossimo, come ha fatto Gesù per ognuno di noi. Loro, Falcone e Borsellino, non vengono esposti al pubblico, grazie a Dio (e speriamo che a nessuno passi per l'anticamera del cervello una simile idea, a dir poco infelice). Ho visto, nei vari TG, frati, suore, religiosi in coda a vedere il povero santo (dico "povero" con grande affetto e rispetto per quel corpo che non contiene più l'anima che lo ha reso grande) e, giunti di fronte alla salma, prodigarsi con digitali e telefonini per scattare la foto ricordo, quella che ti consentirà di dire, fra vent'anni: "io c'ero"... demoralizzante, veder fare cose simili a uomini e donne di Chiesa. Quante persone, della fiumana presente al cospetto della salma, hanno mai letto, studiato la vita di padre Pio? Quante persone hanno mai letto una sua biografia? Ben poche...
Io so per certo che all'interno della Chiesa "di base" molti sono imbestialiti (e non esagero) di fronte a questa parata idolatrica. E sono imbestialiti al pensiero che i piani Alti abbiano autorizzato tutto ciò. Com'è possibile essere così miopi? La risposta sta nella Chiesa Alta, nella sua incapacità a selezionare ciò che è fondamentale da ciò che è coreografico e che per secoli è stato ammesso e consentito. Operazioni simili non si possono fare in un giorno o in un anno, ci vogliono anni, se non generazioni, al fine di sradicare dal cattolico quelgi usi & costumi che allontanano dal dialogo, dal confronto, dalla passione per quel grande mistero che è Dio e con Lui tutti gli uomini e le donne che hanno vissuto su questa Terra e che ci seguiranno. Ma come - chiedo a chi vorrà rispondermi - iniziare questo processo di crescita nella vera fede, quando i piani Alti sono ancora così legati a schemi preistorici?

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Salve, ho letto con attenzione questo post e anche l'articolo di Indro Montanelli. Malgrado sia decisamente datato (1969), condivido molte delle cose che ha scritto così come il suo commento e le sue considerazioni circa l'esposizione della salma di Padre Pio. Anch'io trovo assurdo esporre un corpo, sia pure di un santo, ma per quale bisogno? per quale necessità spirituale? Ricordo ancora i commenti di alcune persone registrati dalle televisioni: "bello, davvero bello", "che emozione!"... Personalmente trovo tutto ciò assurdo, ai limiti dell'idolatria e contrario alla vera fede, all'autenticità della fede.
Grazie e complimenti per il blog.

Antonio, 1960

Anonimo ha detto...

Il culto delle reliquie è sempre stato in passato un mezzo efficace adottato dalla Chiesa per veicolare e diffondere la fede nel popolo (per lo più ignorante, credulone e superstizioso).
Nella cosiddetta società moderna sono però presenti due elementi diffusi, pensiero e senso critico, i quali dovrebbero permettere ad un individuo di discernere tra ciò che veramente serve ad alimentare una fede e ciò che appare solo come un approccio feticistico; il fatto che oggi così tante persone siano ancora attratte dall'esposizione di una salma è perchè nella loro ignoranza continuano a confondere la preghiera e l'adorazione del Cristo Signore con un culto della persona.
Allora perchè il Vaticano avvalla tuttora queste iniziative?
Una spiegazione potrebbe essere che di fronte ad una devastante cultura relativistica come quella odierna la Chiesa, non avendo trovato un modo attualizzato ed appetibile di ri-proporre il modello di Cristo, preferisce affidarsi ad una pratica collaudata ed efficace se pur mediaticamente fuorviante per contenere la crescente disaffezione dei propri fedeli.
Sarebbe invece ora che la Chiesa riponesse Santi e Beati nei propri sepolcri e si sforzasse di riaffermare con forza e credibilità i valori universali della fede in Dio, rinunciando anche a tradizioni discutibili che nulla hanno a che fare con la centralità del Cristo nella pratica religiosa.