Questo lungo articolo apparso sul settimanale “Epoca” il 05 aprile 1978 è di grande interesse per tutta una serie di ragioni: le frammentarie informazioni che emergono dalle indagini delle forze dell’ordine, il dubbio che la nota, tristemente nota, foto di Aldo Moro nel “carcere del popolo” possa essere un montaggio e, elemento di grande valore morale, “la polemica sul ruolo degli intellettuali” durante i giorni del sequestro". “Vale la pena di difendere questo Stato?”, ci si domanda. E’ una domanda apparentemente assurda: certo che vale la pena! Lo Stato contro i terroristi, la scelta è chiara, no? E se la risposta non fosse così chiara, così netta, pur aborrendo i metodi delle BR? E se la risposta non fosse o bianco o nero? “Con mezzi terroristici – scrive l’acuto ed introspettivo Leonardo Sciascia – polemizzando col mio silenzio, vogliono che io dica o che bisogna difendere questo Stato così com'è, o che hanno ragione le Brigate Rosse. Tutta la mia vita, tutto quello che ho pensato e scritto, dicono che non posso stare dalla parte delle Brigate Rosse. E in quanto a riconoscermi nello Stato così com’è (e sarebbe più esatto dire com'era fino al rapimento dell'onorevole Moro), continuo a dire di no”. Leggendo le analisi, i commenti, le affermazioni contenute nell’articolo di Raffaello Uboldi, penso all’uomo Aldo Moro nella sua “cella”, vittima di una politica molto probabilmente impensabile, in quel contesto politico interno e soprattutto internazionale. Penso all’uomo, alle sue lettere, al nipotino Luca, al suo desiderio di Luce, di uno spiraglio… pensieri lontani dalla politica… oppure no? Uomo o Stato? Per Cirillo si privilegiò l’uomo… per Moro quello Stato in cui Sciascia non si riconosceva e che, profeticamente, comprese che l’affaire Moro avrebbe segnato uno spartiacque tra il prima e il dopo.
venerdì 3 ottobre 2008
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